Trenord e ritardi: i social si infuocano e l’azienda non c’è.

Un lunedì di fuoco, a Milano, per Trenord.
Il 10 dicembre accade l’impensabile: il nuovo software informatico di gestione dei turni del personale, come spiega il Sole 24 Ore, “ha assegnato a casaccio i macchinisti, con il risultato che alcuni treni sono rimasti senza conducenti, mentre altri ne avevano addirittura cinque, ma nessuno abilitato ad azionare i comandi”.
I ritardi si accumulano sempre più durante la giornata. Presso la stazione milanese di Cadorna, il caos (courtesy of Corriere della Sera).
E il web esplode, tra Facebook, twitter, YouTube, Instagram: tutti gli utenti si sfogano tra foto e video, senza dimenticare (anche) di sorriderci un po’ su.
Nemmeno il primo tweet del Papa è stato esentato dalla polemica.

Divampano le polemiche, grazie a spazi di sfogo e condivisione: TrenordVictims (pagina Facebook e account Twitter), nato a febbraio 2012, è diventato uno dei principali collettori di opinioni, materiale fotografico e sfottò sul disastro di Trenord.

E la reazione di Trenitalia, sia sul sito nazionale che sul sito Trenord, è ovviamente deludente:

E se l’AD di Trenitalia è già indagato per altro per cui immagino il (povero) ufficio marketing/comunicazione/ufficio stampa aziendale in delirio totale, permangono delle domande a cui non so darmi risposta.
Ma l’attenzione verso il cliente, dov’é? Se gli imprevisti esistono, esistono anche delle modalità propositive, determinate, per affrontarlo.
I social, inondati da lamentele, non hanno avuto uno spazio di ascolto, un interlocutore a cui rivolgersi.
L’azienda, sui social, NON ESISTE. E non è stato nemmeno preventivato un account ad-hoc su cui poter almeno dare le principali informazioni di interesse per i viaggiatori del milanese.
Spazi gratuiti, velocità immediata nell’invio e ricezione delle informazioni, problema profondamente invalidante, ma locale, circoscritto. E’ ciò di cui un’azienda ha bisogno, oltre a un piano di gestione della crisi da mettere in campo in questi casi.
Aziende iper-strutturate, chiuse all’interno di una burocrazia che provano a combattere, ma senza una direttiva. Grandi budget a disposizione stanziati per cartellonistica e annunci stampa: vendere, vendere, vendere. Vendere senza gettare lo sguardo dall’altra parte, quasi dimenticandosi che il cliente è sempre una persona. Un individuo con bisogni specifici, ma che quasi sempre collimano con il banalissimo (ma non sempre così scontato) value for money, il “dammi qualcosa che valga quanto ho speso”.
E se non puoi garantire la puntualità del treno per cui ho acquistato un biglietto, potrai almeno offrirmi uno spazio in cui ricevere, ad esempio, una risposta?
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