Social web 2.0. Perché esserci? Speciale Facebook.

Traggo ispirazione da un post molto interessante di una delle mie blogger preferite, Futura Pagano, che partendo dall’analisi del hashtag twitteriano #FF si addentra in una riflessione acuta e decisa sul panorama della comunicazione digitale italiana.
Credo, come Futura, che ogni categoria professionale debba rivolgersi alcune sostanziali domande di rito:
il filosofo si domanda “perché esistiamo”
l’imprenditore si domanda “perché investire” (o almeno dovrebbe, ma questa è un’altra storia…)
il commerciante si domanda “perché chiudere”.
il social media strategist deve chiedersi “perché esserci”.

Esserci fa riferimento alla presenza professionale su social, blog e più in generale prendendo posto all’interno dell’agorà virtuale attraverso un profilo identitario integrato, coerente… credibile.

Con l’avvento della banda larga e dell’estensione d’accesso al web sono fiorite infatti milioni di opportunità e di occasioni di collegamento tra persone, aziende, prodotti, vite.
Una delle più curiose e interessanti riguarda il nostro mondo: il mondo del sociale, della comunicazione dall’interno (di noi) all’esterno, abbattendo barriere quali tempo e costo, raggiungendo spazi con tempi di contatto fino a qualche anno fa impensabili.
Ed ora eccoci, nel bel mezzo di un incrocio fatto da circa un migliaio di strade da intraprendere (foto: courtesy of NinjaMarketing).

Tutti direbbero Facebook.
Alzi la mano chi non ha mai sentito:

“Si certo, su Facebook bisogna esserci: anche perché ci sono già tutti i nostri concorrenti“.

E da qui tante capocciate sul muro (chi non le ha date, di nascosto, sul balconcino della agenzia di comunicazione, tra una sigaretta e un caffè appena dopo aver letto questa frase in una mail. Io ammetto, quando mi è capitato sono stata tentata all’idea). Mi è capitato di sentire questa frase da una azienda produttrice di maniglie e rubinetteria per aziende e grandi distributori.
Mettiamoci le aziende consumer (servizio e/o prodotto), che nella maggior parte dei casi possono avere un senso, su Facebook.
Salvo ancora qualche realtà nel campo b2b… ma non è assolutamente detto che sia indispensabile esserci, anche se i competitors sono presenti con una pagina aziendale.

  1. A chi mi rivolgo?
  2. Il mio prospect su Facebook cosa potrebbe volere da me?
  3. Il mio prospect mi contatterebbe su Facebook o più tradizionalmente via telefono o mail?
  4. Posso seguire il mio prospect o cliente garantendogli un panel di servizi aggiuntivi?
  5. Cosa può fare la mia pagina Facebook più di quanto già non faccia con i canali tradizionali? Come si inserirebbe all’interno del panorama di azioni che ho previsto per quest’anno?

NDR Io e il mio capo seguiamo tutti i giorni, tutto il giorno la pagina facebook della casa editrice per cui lavoriamo.La nostra realtà è conosciuta e soprattutto segue una particolare fascia di utenza giovane (18 – 20) offrendo delle collane di libri specifiche per la preparazione dell’esame di maturità, delle prove di ammissione universitaria ma anche dell’accesso alle professioni o agli esami di abilitazione professionale (fascia 27 – 35). Ed offriamo, in sinergia con la parte prodotto, un ventaglio di servizi correlati.
Siamo uno di quei casi per cui NON avere la pagina facebook significa perdersi una fetta mostruosa di prospect sensibili al mondo della comunicazione digitale che, alla ricerca di informazioni, finiscono per annegare nel web delle opinioni discordanti (“Questo libro va bene per il mio caso?” “Quale di questi 2 corsi va bene per me?” e queste sono solo le domande più banali, ma pensate al resto: “Voglio fare il test di medicina. Cosa devo fare? Ci sono dei libri apposta?” “Cosa devo studiare per l’esame di abilitazione? Dove trovo la documentazione?”).
La nostra presenza su Facebook potrebbe, se non ben calmierata, coprire tutte le 8 ore lavorative, data la mole di interazione che seguiamo tutti i giorni. E ha contribuito sensibilmente ad aumentare il livello di attenzione nei confronti della azienda, la sua reputazione si è consolidata e sta contribuendo in modo significativo attraverso conversioni alte e misurabili.

Pensate ora alla quantità di aziende che potete trovare su Facebook. Quante volte vi è capitato di ricevere un servizio clienti attendibile, in tempo reale? Io sulle dita della mia mano ne conto poche, pochissime.
Un caso di successo? Creative LTD. Che non ha più la sede in Italia ma, scrivendo sulla loro pagina facebook, ti permette di comunicare con il reparto customer service in lingua italiana con sede a Singapore. (provare per credere).

Un caso singolare: Acqua Lilia. Che investe milioni di euro in spot TV e affissioni ma non ha nemmeno una pagina facebook per seguire la comunicazione su web.
E lascia che la sua presenza su un social cosi impattante venga riempita dalla pagina contenuti di Wikipedia.
Un caso che mi sconcerta: Tonno Nostromo, che ha creato una pagina facebook per poi abbandonarla (cavoli! e tutti gli altri nostri prodotti che non sono tonno in scatola? E mi verrebbe anche da chiedermi quali siano, ma in fondo mi metto nei loro panni e capisco che l’amministratore delegato debba essere coccolato in un modo o nell’altro) e crearne un’altra, chiamata solo Nostromo in cui non fanno altro che parlare di tonno. Ah beh.

Tutti hanno una vaga idea della visibilità immensa che questi mezzi possono dare (Vi ricordate cos’è successo a Groupalia pochissimo tempo fa, con l’incidente del twit sul terremoto?) ma nessuno pensa al fatto che per gestire questi strumenti ci vuole tempo, professionalità e strategia.
Che non si tratta unicamente di postare una bella fotografia ogni tanto, perché nulla di questo potrà mai veramente influire sulle decisioni d’acquisto del tuo cliente finale.
Che si tratta di un lavoro costante, quotidiano, fatto di pianificazione e valutazione ponderata.
Un lavoro che può fare solo chi su queste piattaforme sta costruendo una professione fatta di passione, studio e intuito.

Mi piacerebbe vedere più professionalità su questi mezzi, meno pressapochismo, più analiticità.
E’ un mondo che può dare tanto, non solo in termini di ROI economico.

Ma come nei migliori casi (e qua interviene la saggezza popolare di mia nonna) per cumparì bisugna sufrì. E anca sgancià i dané, nani.
Basta con i ragazzi neo-laureati buttati davanti a twitter, a cui non insegnate niente e lasciate loro scrivere post vaghi, di foto di spiagge e di bambini che abbracciano le loro mamme.
Vorrei personale competente come Creative, che sa aiutarmi e che nell’arco di mezz’ora si meriti i soldi che voglio offrire loro, rispondendomi.
Voglio una azienda attiva, che sappia mettersi in gioco, che permetta ai propri clienti critiche costruttive direttamente in bacheca, senza censure o grandi sorrisi.

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